L’utilizzo dei funghi nel trattamento e degradazione dei rifiuti non è un’innovazione tecnologica recente in quanto i funghi degradano da millenni la lignina nei boschi.
La vera tecnologia innovativa riguarda la capacità di studiare questi organismi, presenti nei rifiuti industriali ed urbani, in laboratorio, individuare e catalogare i ceppi autoctoni particolarmente adattati a vivere in quelle condizioni e svilupparli in modo che risultino più efficienti nella crescita e capacità di trattare in maniera “biologica” il rifiuto stesso (o addirittura modificandone la struttura per produrre bio plastica).
Ptech, start up attiva nel settore ambientale (cleantech), in collaborazione con il laboratorio di Micologia del’ Università di Genova, sta applicando la myco-remediation in diversi ambiti: nelle raffinerie per diminuire i valori degli idrocarburi pesanti fino al limite di 750 ppm; negli impianti di trattamento per abbattere i metalli pesanti (cromo, zinco, nichel, piombo) e farli assorbire da speciali tessuti; nelle aree inquinate che presentano in superficie valori di vanadio e zinco fuori norma, etc.
Tra le tecniche innovative potenzialmente impiegabili l’utilizzo di microorganismi, ed in particolare di funghi, è oggi una biotecnologia molto promettente non solo perché si svolge nel pieno rispetto dell’ambiente ma anche perché, richiedendo minor energia, può fa diminuire notevolmente i costi.
I funghi possiedono una grande capacità adattativa a condizioni ambientali estreme (scarsità di nutrienti, pH molto acidi o basici, presenza di elementi tossici) che li rende in grado di sviluppare strutture di resistenza e di rispondere alla presenza di alte concentrazioni di inquinanti.
Se applicate alla depurazione di fanghi industriali o a terreni contaminati le tecniche di myco-remediation possono condurre non solo ad una stabilizzazione dei metalli ma anche alla loro trasformazione in composti a minore tossicità, riducendo così il problema dello smaltimento e aprendo nuovi scenari e prospettive nell’ambito del riciclo di materie prime.
Metalli tossici come As, Va, Cu, Ni, in particolare, sono tra gli elementi che abbiamo riscontrato in più occasioni nei terreni industriali e, considerato il loro grado di tossicità, stiamo mettendo a punto un processo biotecnologico per il loro risanamento.
Il laboratorio di micologia dell’ Università di Genova ha pubblicato studi che dimostrano le grandi potenzialità di alcune specie fungine (e.s. Rhizopus arrhizus, Penicillium semplicissimum, Saccharomyces cerevisiae, Trametes versicolor) nell’accumulare metalli tossici.
Ultimo, ma non meno importante, riguarda l’utilizzo nei biodigestori in quanto i funghi sono in grado di ridurre in maniera significativa la cellulosa/lignina presente nel compostato e quindi possono ridurre i tempi di trattamento al di sotto di 21 giorni.