Test multi-approccio per l’individuazione di contaminazioni microbiologiche addensanti o biodegradanti del carburante

Recentemente le nuove regole in materia di raffinamento carburanti, volte alla tutela ambientale, hanno portato alla modifica di alcuni componenti chimici, nel carburante stesso, in combinazione all’utilizzo di nuove tecnologie per la prevenzione di emissioni potenzialmente inquinanti (zolfo, azoto e ossidi di carbonio) post-combustione e/o per la loro riduzione.

Le modifiche predominanti dei componenti del combustibile consistono, ad oggi, in una riduzione del contenuto di zolfo e un aumento del contenuto di bio-derivati come bioetanolo o FAME (estere metilico dell'acido grasso) nel biodiesel.

L’aumento dei bioderivati induce spesso l’insorgenza di fenomeni, del tutto naturali, che incidono però negativamente sulla qualità stessa dei biocarburanti.

I dati dei test riguardanti la qualità dei carburanti mostrano, infatti, una correlazione diretta tra le modifiche che la legislazione impone circa l’aumento di bioderivati e l’aumento di specifiche indice di scarsa qualità dei combustibili.

La qualità scadente del carburante si ripercuote negativamente, sia sulla resa, poiché ne riduce l’efficienza operativa, sia sui costi, dovuti alla necessità di maggiore manutenzione a livello di stoccaggio e di impianti erogatori.

Ad oggi i contenuti di bioderivati nei carburanti, compresi quelli per autotrazioni e navi hanno concentrazioni specifiche obbligatorie destinate ad essere incrementate entro il 2020 secondo le nuove normative previste.

Il fenomeno naturale a cui è più soggetto il carburante e che incide sulla sua qualità è l’insorgenza, nel tempo, di una contaminazione microbiologica dovuta allo sviluppo di microrganismi in massima parte di origine fungina e batterica.

Tale contaminazione è principalmente dovuta alla presenza di acqua nei  serbatoi di stoccaggio del combustibile, nei sistemi utilizzati per gasolio, benzina e cherosene e si manifesta attraverso la formazione di masse più o meno mucillaginose che danno origine a ciò che viene definito in gergo “limo nero” o “fanghiglia marrone”. Tali masse sono alla base dei fenomeni della corrosione del carro armato, dei blocchi del filtro, dei guasti alla pompe e dello scarso rendimento.

I batteri e le spore fungine normalmente presenti nell'aria possono facilmente entrare nei serbatoi di carburante attraverso le prese d'aria e lì moltiplicarsi molto velocemente nelle acque di fondo o in superficie. Questi microrganismi necessitano, infatti, di poca acqua per vivere. E’ molto probabile che questo accada nei serbatoi di gasolio e di gas in cui è impossibile escludere del tutto l'acqua. L'acqua entra in queste vasche in vari modi, ad esempio per infiltrazione d’acqua piovana, ma è sufficiente anche la sola formazione di condensa sulle pareti. Questi microrganismi proliferando producono biofilm solvente resistenti, oleofilici che possono portare all’occlusione dei filtri degli impianti di stoccaggio e distribuzione, all’occlusione dei sistemi di alimentazione dei motori e non meno gravi possibili fenomeni di corrosione.

Tra i microrganismi che possono svilupparsi nel combustibile il più diffuso è fungo filamentoso Amorphotheca (=Hormoconis) resinae Parbery volgarmente indicato con il termine di "bug diesel". Si tratta di un fungo che ben si adatta a vivere nel carburante diesel e per svilupparsi necessita di una minima quantità di acqua. Crescendo questo fungo può portare al blocco dei filtri, al guasto di vari componenti e alla corrosione del serbatoio, se non controllati e monitorati. Batteri e altri tipi di funghi, in particolare alcuni lieviti, possono similmente causare problemi nei serbatoi, di solito agendo come consorzio sinergico.

L'obiettivo di questo test multi-approccio è quello di fornire in tempi rapidi uno screening del campione di carburante contaminato per una valutazione rapida e precisa del livello e della quantità e qualità della contaminazione. Tale valutazione è indispensabile per poter intervenire con adeguati prodotti, a dosaggi controllati, indispensabili per la bonifica o sanificazione del carburante stesso. Il test consta di diverse fasi attraverso le quali è possibile fornire dati quantitativi (concentrazione dei microorganismi presenti) circa la contaminazione presente, ma se necessario anche qualitativi (tipologia di microrganismo). In tal modo anche la scelta della tipologia e delle quantità del prodotto per la bonifica da utilizzare verranno effettuate consentendo, sia un risparmio in termini economici, sia la limitazione dell’uso indiscriminato di prodotti impattanti per il comparto ambientale e per la salute umana.

La mycoremediation rappresenta un’innovativa tecnologia di biorisanamento che sfrutta le capacità degradative e accumulatrici di specifici ceppi fungini.

I funghi svolgono un ruolo determinante all’interno degli ecosistemi nel mantenimento dei cicli biogeochimici e degli equilibri naturali.

Numerose applicazioni e sperimentazioni dimostrano come alcune specie fungine siano particolarmente abili nell’adattarsi a condizioni ambientali avverse (sia per fattori abiotici, sia per mancanza di nutrienti, sia spesso per alti valori di inquinamento organico e inorganico).

Tuttavia, questi organismi sono capaci di degradare, accumulare e metabolizzare una vasta gamma di contaminanti ritenuti tossici per la salute umana e persistenti nell’ambiente.

Per tali ragioni i micro e macro funghi, attualmente, trovano impiego in vari campi biotecnologici come strumenti economici e sostenibili per consentire il recupero e lo smaltimento di suoli, sedimenti marini e acque contaminate.